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La collezione delle buste primo giorno di emissione

31/10/2015

 
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​Un capitolo molto simpatico della collezione è costituito dalle buste primo giorno, quelle che sono tecnicamente identificate con la sigla F.D.C., iniziali che stanno per First Day Covers che letteralmente designano il primo giorno di emissione. Ma analizziamo che cosa è la “busta primo giorno”. Si intende una busta, proprio quelle che servono per spedire una lettera, illustrata, con la vignetta dell’accadimento di cui al francobollo. Sulla busta, quindi, vengono applicati il francobollo o la serie di francobolli annullati poi con il timbro postale recante la data del giorno in cui avviene l’emissione stessa.
Questa collezione oltre ad essere simpatica è anche istruttiva e nei cataloghi è quotata a parte. Infatti queste buste recano un breve cenno storico o biografico del soggetto illustrato. Sono in definitiva degli ibridi, perché molte portano solo l’annullo dell’evento mentre altre, invece, sono regolarmente viaggiate e recapitate a casa del destinatario portando così anche il timbro di partenza dell’ufficio postale e spesso quello di arrivo. Ciò fa si che anche nelle buste primo giorno si possa trovare una differenza fra quelle regolarmente viaggiate e quelle solo con il timbro dell’avvenimento, le cosiddette buste filateliche. Ciò comunque ha sempre contribuito a dare una quotazione diversificata del pezzo, sono infatti poche le buste regolarmente spedite per i motivi più svariati e uno in particolare era costituito dalla sparizione materiale delle lettere dall’imbucamento alla consegna. È sempre stato difficile se non addirittura impossibile risalire poi alla strada intrapresa dalla lettera, molte, per evitare perdite lungo il tragitto, sono state inviate come raccomandate, questo accorgimento ha spesso alterato lo spirito della lettera che doveva arrivare priva di ulteriori “fronzoli”.
Questa situazione mi da lo spunto per parlare dell’uso singolo del francobollo e di quello invece messo in un contesto di più valori. L’uso singolo, infatti, è altamente più premiante sotto un aspetto economico di quello con più francobolli. Si può dire che in molti casi il valore è più del triplo di quello con una lettera con altri valori.
Per tornare all’argomento della busta del primo giorno è da ricordare, come già detto, che le lettere spedite regolarmente per posta hanno oltre al timbro dell’avvenimento anche quello della posta che certifica l’effettivo passaggio da una manifestazione al domicilio del destinatario.
Questo tipo di collezione, per la cronaca, non era presente in Italia ma lo abbiamo importato dagli Stati Uniti. La data di inizio di questo genere di collezione in Italia risale al 1948 con l’emissione del francobollo per la ricostruzione del Ponte di Bassano che fu annullato in occasione dell’adunata nazionale degli Alpini svoltasi il 3 ottobre del 1948. Da allora in poi in Italia è iniziata la raccolta delle buste primo giorno e da quel momento si è sempre più diffusa la collezione.
Nello stesso anno, e precisamente il 28 dicembre si è avuta la prima  emissione di busta di primo giorno del Vaticano ed esattamente un mese dopo, il 29 gennaio del 1949, emetteva con lo stesso criterio anche la Repubblica di San Marino. Per completezza va ricordato che nell’ambito dell’area italiana anche Trieste ha avuto le sue buste primo giorno a partire dal 2 maggio del 1949 con la Biennale di Venezia ed ha chiuso la serie delle buste nel 1954 con l’emissione Interpol.
 
Salvatore Adinolfi
 
 

​Nascono nel 1851 i francobolli di Toscana

31/10/2015

 
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Da oltre 160 anni esistono i francobolli di Toscana. Sono quasi da considerarsi i primi che hanno calcato la scena della corrispondenza in Italia. Sono nati ufficialmente il 10 marzo del 1851 e furono istituiti con un decreto del Granduca ed eseguiti con il sistema adesivo più o meno come quello che si usa oggi. In commercio sono stati messi il 1° aprile dello stesso anno. Le quotazioni sono abbastanza interessanti e vale la pena collezionarli anche sulle buste. Per coloro i quali vogliono saperne di più è opportuno fare un po’ di storia, anche per vedere l’evoluzione dei tempi.
Nel 1736 si estingueva la Casa medicea con il Granduca Gian Gastone. Da quel momento il Granducato di Toscana era passato alla Casa arciducale degli Asburgo-Lorena che governò sino ai primi mesi del 1859 e, nel 1851, al momento della introduzione del francobollo regnava il Granduca Leopoldo II salito al trono il 18 aprile 1824 che in seguito ai moti popolari connessi alla Seconda guerra d’Indipendenza lasciò Firenze il 27 aprile 1859.
Va detto che il servizio postale prima dell’introduzione del francobollo era già molto efficiente e veniva svolto con un servizio di diligenze e con le corriere adibite in modo promiscuo anche al trasporto dei viaggiatori. Per fare una similitudine bisogna tornare ai pony readers che giravano in America a cavallo tutto il territorio e nel Granducato di Toscana il servizio funzionava quasi allo stesso modo con tante stazioni di posta dove avvenivano le operazioni di carico e scarico della corrispondenza per poi essere avviate con i postini dell’epoca nelle città del Granducato e da queste alle destinazioni stabilite. Nelle località principali infatti esistevano gli Uffici di posta quali collettori generali che, attraverso personale del luogo, si preoccupavano dell’inoltro della corrispondenza, mentre nei piccoli centri questo servizio  era effettuato in locali privati o dalle farmacie del posto.
Vi ricordate che cosa era il porto? Era il luogo di arrivo di una qualsiasi cosa che partiva da una parte ed arrivava ad un’altra e quindi da chi la spediva a chi la riceveva, per cui se un qualcosa doveva viaggiare passava per tante Province o Stati diversi ed il destinatario era costretto a pagare per ogni attraversamento una tassa, lettera o pacco o qualsiasi altra cosa dovesse viaggiare sul territorio. Per questo motivo molti scrivevano sul frontespizio della missiva cose non facilmente decifrabili ma che al destinatario erano chiare per cui una volta avuta la missiva nelle mani gli stessi la rifiutavano essendo venuti a conoscenza del contenuto della lettera. Con il francobollo, geniale intuizione, tutto ciò non era più possibile in quanto la tassa era pagata in partenza e non più dal destinatario.
Sempre per la storia va ricordato che nell’aprile del 1851 esistevano direzioni postali solo nei capoluoghi di compartimento, quindi non parliamo di capoluoghi di provincia e precisamente a Firenze, Arezzo, Livorno, Lucca, Pisa e Siena.
Da questi compartimenti poi dipendevano gli altri uffici distinti in amministrazioni, uffici di distribuzione di I, II, III e IV classe, situazione che sta a far intravedere la capillarità del servizio postale toscano e quindi anche il forte utilizzo della corrispondenza, di qui anche la grande varierà dei timbri utilizzati.
Tecnicamente l’esecuzione dei francobolli fu affidata alla tipografia granducale di Cambiai e Co. di Firenze, mentre gli stereotipi furono preparati da A. Alessandro su incisione di Giuseppe Niderose che era l’incisore ufficiale della Zecca del Granducato. Come ultimo va ricordato che la carta per la prima tiratura era di colore azzurro e veniva fornita per l’occasione dalla Cartiera Cini di San Marcello Pistoiese. La carta era fatta in maniera artigianale e la filigrana era composta di elementi la cui misura era sproporzionata in rapporto al francobollo, che infatti riusciva a contenere una minima parte della figura incisa nella filigrana che per la cronaca era costituita nella sua versione originaria ed integrale da corone granducali stilizzate disposte su quattro righe e separate verticalmente da una linea orizzontale.
Per chi è interessato a tutte le misure tecniche dei vari pezzi o per validazioni delle proprie collezioni può inviare una e-mail a redazione@napolie.it.
 
Salvatore Adinolfi

I Perfin

30/9/2015

 
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Nel corso degli anni il francobollo è stato usato nei modi più disparati, come francobollo pubblicitario, come marca da bollo, come chiudilettera, ma abbiamo avuto anche qualche “utilizzo frazionato”ovvero chi era in possesso di un valore più alto, prendiamo ad esempio 10 centesimi e doveva pagare una tassa per un importo pari alla “metà”, con un colpo di forbici tagliava in diagonale il francobollo e lo utilizzava per la tariffa occorrente di 5 centesimi.
Ci sono stati poi in altri Paesi usi di francobolli che pure è utile conoscere. Sono quelli “preannullati” che hanno avuto un largo impiego in Francia, in Ungheria, nel Belgio ed in Austria e persino negli Stati Uniti e nel Canada.
In concreto si tratta di francobolli preannullati dalle Amministrazioni postali dei Paesi suddetti ed utilizzati per l’affrancatura di stampati, circolari, giornali, in definitiva per tutti gli usi per grandi quantità di spedizioni.
Il sistema era semplice: l’annullamento era fatto in anticipo, la clientela prenotava ed acquistava in grandi quantitativi i francobolli che gli servivano per quelle spedizioni che avevano o un annullo tipografico eseguito direttamente a stampa o che poteva essere apposto con quei timbri a mano ancora oggi usati degli uffici postali. Tutto ciò dava luogo ad una sorta di francobolli sovrastampati che a seconda di come erano annullati creava una serie infinita di varietà. Un altro mondo, sempre nell’ambito della filatelia, è costituito dai cosiddetti perfin.
Qualcuno potrebbe chiedere che cosa sono? Semplice, sono francobolli perforati direttamente
dalle aziende per impedire il furto degli stessi da parte dei dipendenti. Tantissimi di questi sono perforati con la sigla BCI (Banca Commerciale Italiana) ed altre ancora.
Ci sono oggi due filosofie completamente contrastanti che regolano questo tipo di francobollo o per meglio dire, il tipo di foratura, c’è, infatti, chi li considera francobolli bucati e quindi rotti e quindi senza nessun valore filatelico e chi invece li considera rarità trattandoli a parte e dando loro un valore addirittura superiore a quello espresso dai cataloghi per i francobolli integri. Noi ci associamo alla seconda filosofia che è quella di considerarli rarità specialmente per quelli che sono i valori più grandi.
Va ricordato che in molti cataloghi specializzati si trovano i perfin e sono quotati con un valore aggiunto rispetto a quello assegnato al francobollo talvolta superiore al doppio se utilizzati prima del ‘900 e al 50% per quelli emessi successivamente.
Sempre in altri Paesi ci sono delle perforazioni ufficiali fatte da alcune amministrazioni postali per destinare i francobolli ad usi più o meno particolari quali tassazione, franchigie e servizi. In quei Paesi dove fu adottato questo tipo di perforazione, i francobolli “bucati” raggiungono anche valori consistenti, in quanto le perforazioni non sono sempre tutte uguali e creano così una serie di varietà notevoli: più punti, più larghi, più stretti, lettere spezzate, ecc.
A titolo esemplificativo possiamo ricordare che la Tunisia ha contraddistinto le prime emissioni dei segnatassi con la lettera T, mentre la Confederazione australiana con le lettere “O.S”, mentre la Baviera con la lettera E. In Svizzera, invece, le Ferrovie usavano per la loro corrispondenza in franchigia una perforazione a croce.

Salvatore Adinolfi 


Ancora sulla nascita del francobollo

23/9/2015

 
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Torniamo alla nascita del francobollo, con il penny nero e con il due pence azzurro. Questi due francobolli, perché erano solo due quell’anno, cominciarono subito ad essere collezionati da un signore che si chiamava Gray. Voi potreste dire com’è possibile due francobolli, sono solo due, eppure anche solo due esemplari sono riusciti ad appassionare, perché il signor Gray, seduto alla sua scrivania, incominciò a dividerli per sfumature di colore, per il taglio, per i bolli di annullamento e per tutte le curiosità che ci possono essere su un francobollo andando ad individuare anche quei piccoli errori, quelle piccole differenze dovute al logorio delle matrici, di qui uno studio unico nel suo genere.
Va detto che l’uomo per natura tende a conservare ed ordinare ciò che possiede, ed in questo esercizio egli accentua e fortifica il proprio senso dell’ordine.
L’uomo non raccoglie disordinatamente, ma secondo un principio, uno studio, una selezione che è sempre alla base di una ricerca. La filatelia, richiede nozioni tecniche che si apprendono, per chi non ha in famiglia un precursore, con appositi manuali o, come detto, con la tradizione orale come ogni e qualsiasi arte.
Il metodo, l’ordine, il gusto sono alla base di ogni raccolta, dalla più semplice a quella più complessa. Un piccolo aiuto comunque lo potete trovare anche in questi articoli e per qualsiasi altra notizia sono come al solito a disposizione delle Lettrici e dei Lettori. 
Salvatore Adinolfi



Il 5 lire del Manzoni

22/9/2015

 
Un valore importante per la nostra collezione è costituito dal 5 lire del Manzoni. È il pezzo più importante di una serie di sei francobolli (10 - 15 - 30 – 50 centesimi, 1 lira e 5 lire) emessa nel cinquantenario della morte del Letterato - Poeta. È sicuramente tra i più rari francobolli commemorativi di posta ordinaria insieme con la serie del Congresso filatelico di Trieste del 1922 e i due alti valori della serie delle Crociere Italiane del 1924 che ebbero però una tiratura inferiore. Ciò è dovuto alla grande dispersione avvenuta di questo francobollo a causa della gomma di cattiva qualità, appiccicaticcia e tenace, che produceva facilmente macchie gialle e rossastre, degli annullamenti falsi, numerosissimi ed infine del formato, che offriva spesso il fianco a possibili difetti di dentellatura.
Vale la pena precisare che tutti i sei valori furono venduti solo a Milano e a Roma, ovviamente perché la prima era la patria del Poeta e la seconda perché luogo delle celebrazioni dell’evento e capitale d’Italia. In verità alcuni pezzi furono usati in altre città anche durante la validità del francobollo, ma sono così tanti quelli con annullo postumo che non vengono presi neanche in considerazione.
La stampa venne effettuata a Roma dallo stabilimento grafico Petitti. Sembra che comunque da questo stabilimento furono immessi sul mercato clandestinamente scarti di stampa, con o senza gomma ed anche non dentellati. Alcuni di questi francobolli furono anche manipolati alterando la dentellatura, addirittura con una doppia dentellatura. Tutte cose abbastanza visibili ed anche poco apprezzate. Ma inquadriamo per un attimo i “dati anagrafici”.
- Data di emissione: 29 dicembre 1923
- Validità: fino al 28 gennaio 1924
- Stampa: tipografica
- Colore: violetto e nero
- Gomma: bianca o giallognola, lucida
- Carta: tra media e sottile a macchina
- Filigrana corona con due simboli per francobollo
- Dentellature a pettine
- Tiratura 35.000 esemplari
Solo per la cronaca va ricordato che l’incisione del 5 lire fu fatta da Enrico Federici, lavorando l’effigie di Manzoni molto finemente. Dico ciò perché una delle falsificazioni dell’epoca riproduceva l’immagine del Manzoni quasi come una scimmia e quindi facilmente individuabile come falso.
Il 5 lire ebbe anche corso nelle colonie italiane e, sovrastampato in rosso, fu usato in Cirenaica, Eritrea, Somalia e Tripolitania, ne furono stampati all’incirca 3750 esemplari per ogni Colonia.
Le varietà conosciute sono poche e fra queste spicca quella con il centro fortemente spostato dalla corona, spostamento di circa 2 mm; con queste caratteristiche ne sono conosciuti 50 esemplari.
Sempre come varietà ci sono quelle con la filigrana capovolta. Il 14° esemplare di uno dei quattro quarti di foglio presenta un interessante ritocco, un tratto verticale più marcato, che completa la parte destra dell’ornato floreale di sinistra (non è un bisticcio di parole), teoricamente con queste caratteristiche, visto il quantitativo di francobolli emessi (35.000) dovrebbero essere 175, ma, come già detto, le distruzioni e le dispersioni hanno creato dei forti vuoti sul già esiguo numero di francobolli.
In ultimo va ricordato che su lettera forse non esistono, ma se c’è qualcuno che lo possiede potrebbe valere anche una fortuna. Altra combinazione assai rara sono le coppie. Una serie di tutti e sei i valori oggi a catalogo vale circa 1300 euro. La stessa serie non linguellata vale 3250 euro ed usata 7500 euro. Occhio ai falsi! 

Salvatore Adinolfi

Passione filatelica

21/9/2015

 
Nel lontano 1° maggio del 1840 presso gli uffici postali inglesi inizia la vendita dei primi francobolli della storia: il black penny ed il two pence azzurro, entrambi con l’effigie della Regina Vittoria, contornata da un fregio decorativo. Il francobollo nasce non per abbellire la lettera, ma per avere in anticipo la tassa sulla spedizione.
Prima di quel fatidico 1° maggio le lettere venivano comunque spedite ed il pagamento era a carico del destinatario. Importo che non era mai uguale, perché la lettera spesso doveva passare in molte regioni e per ogni passaggio, chiamato “porto”, si aggiungeva qualche spicciolo. Ma la cosa che più indispettiva è che all’arrivo il destinatario poteva rifiutarsi di ritirare la lettera e la tassa non era pagata.
Molti si potranno chiedere perché ciò poteva avvenire, era pur sempre la lettera di un parente, di un amico, diceva qualcosa, ma, all’atto pratico, l’importo del trasporto era, diciamo, notevole e quindi in un’economia povera anche quei pochi centesimi potevano servire. La fame aguzza l’ingegno, questo è un motto valido in tutto il mondo ed anche a quel tempo il mittente ed il destinatario spesso erano d’accordo, infatti, nella maggior parte dei casi, il destinatario voleva sapere solo se il mittente stava bene e nient’altro. Questa cosa fu superata mettendo dei segni sulla lettera, noti solo alle parti, tipo alfabeto Morse, con i quali il destinatario capiva la situazione, aveva saputo le condizioni del parente, dell’amico e quindi non c’era più la necessità di ritirare la lettera.
Questo giochino in certi ambienti è durato molti anni e quando poi si è scoperto il trucco l’amministrazione postale è passata al contrattacco. Così inventarono un sistema che prevedeva la tassa in partenza e non più in arrivo, per cui il destinatario doveva per forza di cose ritirare la lettera, visto che era già pagata, da qui il termine “franco-bollo”, proprio in funzione di questo preventivo pagamento.

Salvatore Adinolfi

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