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Maria Montessori: “the most interesting woman of Europe”

25/3/2017

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Molti ricordano il volto della Montessori perché a lungo è stato stampato sulle banconote da mille lire e alcuni ricordano che il suo nome è legato al mondo dell’educazione, ma pochi sanno che, almeno all’inizio, il suo destino non fu affatto legato ai bambini.
Da ragazza desiderava studiare Medicina e, nonostante le perplessità di parenti e professori, nel 1896 fu una delle prime italiane a laurearsi e successivamente ad esercitare la professione.
La sua intelligenza, unita ad un profondo senso pratico, la indirizzò verso una carriera brillante: prima assistente universitaria e poi docente di Antropologia, nel 1900 divenne direttrice di un istituto dove si formavano gli insegnanti per bambini “difficili”, all’epoca considerati affetti da un ritardo mentale. Cominciò così la sua esplorazione del mondo dell'infanzia, e si convinse che tutti i bambini nascono con del potenziale che può svilupparsi solo se stimolato nel modo giusto.
La dottoressa ebbe modo di dimostrare la sua tesi nel 1907, quando iniziò a dirigere un asilo per figli di famiglie operaie, nel quartiere di San Lorenzo a Roma; fu lì che sorse la prima “casa dei bambini” che servì da modello a tantissime altre “case” in tutto il mondo.
Per la Montessori, il metodo iniziava con l’osservazione: il maestro deve osservare gli allievi con la massima attenzione ed assecondare le sue inclinazioni, soprattutto indirizzarli all’autonomia. Per questo nella sua casa si insegna ai più grandicelli, di quattro, cinque anni, a dare una mano nelle attività quotidiane, come apparecchiare la tavola, servire i pasti, pulire le aule. Occorre, quindi, pensare ad un ambiente su misura per loro: piatti, posate, scope, rastrelli, adatti alla loro presa, e sedie e tavoli leggeri e facili da trasportare senza l’aiuto degli adulti. Tutto questo in un’epoca in cui i banchi venivano fissati al pavimento per inculcare agli studenti il senso della disciplina.
Maria Montessori non era di questo avviso: “non è detto che sia disciplinato un individuo  reso artificialmente immobile e silenzioso; noi definiamo disciplinato un individuo che è padrone di sé e dunque può disporre di sé quando occorra seguire una regola di vita”.
Il metodo Montessori, nato come pratica ancor prima che come teoria, riscosse enorme successo in tutto il mondo e quando Maria arrivò negli States, nel 1913, il New York Tribune la salutò come la donna più interessante d’Europa. Ma non furono tutti onori; le idee della Montessori erano viste con profonda  ostilità, non solo dal mondo accademico, quanto dal regime fascista, che esaltava l’obbedienza cieca ed assoluta e non poteva tollerare la lezione di libertà della studiosa, costretta a lasciare l’Italia nel 1934.
Vi tornerà soltanto nel 1947.
Il suo libro più importante Il metodo della pedagogia scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei bambini, dal 1950 porterà il significativo titolo La scoperta del bambino, perché il bambino: “con le sue esigenze e le sue doti è il padre dell'uomo, non un vuoto da riempire, ma una ricchezza da far crescere”.
 
Rossella Marchese 


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Basta violenza sulle donne

27/2/2017

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La violenza sulle donne è un fenomeno molto diffuso. Dai dati dell’ISTAT si rileva che in Italia l’85% delle donne ha subito qualche forma di violenza fisica o sessuale tra le mura domestiche.
Questa tendenza alla violenza non dipende da una crisi della famiglia, né da una crisi dei valori, come si può credere, ma viene ancora, purtroppo, da non superate antiche tradizioni patriarcali che consideravano l’uomo destinato a possedere e a dominare.
In Italia fino ad alcune decine di anni fa, la donna era sottomessa prima al padre/padrone, poi al marito/padrone ed era costretta anche a subire ogni sorta di violenza in nome dell’ubbidienza dovuta al capo-famiglia.
Perfino le leggi del tempo consideravano la violenza domestica un fatto naturale, normale, da giustificare; ora questa mentalità patriarcale non esiste più nelle leggi, ma sopravvive ancora oggi nei comportamenti di uomini che considerano la donna una loro proprietà.
Anche Papa Francesco, consapevole del problema, è intervenuto dicendo che Dio vuole le donne libere con dignità, perché la violenza è un crimine che toglie libertà e autostima.
Che cosa si può fare per risolvere questo problema?
Ad avviso di chi scrive si dovrebbe operare su più fronti. Non basta inasprire le pene ed emanare normative punitive e preventive, occorre adottare interventi educativi  sin dalla più tenera età, interventi che mirino al rispetto reciproco, alla valorizzazione delle differenze, al contrasto verso qualsiasi forma di discriminazione.
Inoltre occorre rivolgere un invito di maggiore sensibilizzazione anche ai mass media che nel raccontare storie di violenza e omicidi spesso indulgono sul morboso minimizzando la gravità dei fatti.
A volte le storie vengono distorte presentando l’autore del crimine come un uomo innamorato che in un momento di follia, in un raptus ha ucciso per gelosia.
I fatti di cronaca vanno raccontati, ma senza ipocrisia.
A partire dagli anni sessanta settanta in Europa le donne hanno preso coscienza e hanno cominciato a mobilitarsi per la completa parità di genere e  dopo l’ondata di femminicidi, anche per la lotta alla violenza di genere. A tale scopo in Italia si stanno sviluppando numerose campagne di sensibilizzazione.
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Enrico Fontanarosa

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