Molti ricordano il volto della Montessori perché a lungo è stato stampato sulle banconote da mille lire e alcuni ricordano che il suo nome è legato al mondo dell’educazione, ma pochi sanno che, almeno all’inizio, il suo destino non fu affatto legato ai bambini.
Da ragazza desiderava studiare Medicina e, nonostante le perplessità di parenti e professori, nel 1896 fu una delle prime italiane a laurearsi e successivamente ad esercitare la professione.
La sua intelligenza, unita ad un profondo senso pratico, la indirizzò verso una carriera brillante: prima assistente universitaria e poi docente di Antropologia, nel 1900 divenne direttrice di un istituto dove si formavano gli insegnanti per bambini “difficili”, all’epoca considerati affetti da un ritardo mentale. Cominciò così la sua esplorazione del mondo dell'infanzia, e si convinse che tutti i bambini nascono con del potenziale che può svilupparsi solo se stimolato nel modo giusto.
La dottoressa ebbe modo di dimostrare la sua tesi nel 1907, quando iniziò a dirigere un asilo per figli di famiglie operaie, nel quartiere di San Lorenzo a Roma; fu lì che sorse la prima “casa dei bambini” che servì da modello a tantissime altre “case” in tutto il mondo.
Per la Montessori, il metodo iniziava con l’osservazione: il maestro deve osservare gli allievi con la massima attenzione ed assecondare le sue inclinazioni, soprattutto indirizzarli all’autonomia. Per questo nella sua casa si insegna ai più grandicelli, di quattro, cinque anni, a dare una mano nelle attività quotidiane, come apparecchiare la tavola, servire i pasti, pulire le aule. Occorre, quindi, pensare ad un ambiente su misura per loro: piatti, posate, scope, rastrelli, adatti alla loro presa, e sedie e tavoli leggeri e facili da trasportare senza l’aiuto degli adulti. Tutto questo in un’epoca in cui i banchi venivano fissati al pavimento per inculcare agli studenti il senso della disciplina.
Maria Montessori non era di questo avviso: “non è detto che sia disciplinato un individuo reso artificialmente immobile e silenzioso; noi definiamo disciplinato un individuo che è padrone di sé e dunque può disporre di sé quando occorra seguire una regola di vita”.
Il metodo Montessori, nato come pratica ancor prima che come teoria, riscosse enorme successo in tutto il mondo e quando Maria arrivò negli States, nel 1913, il New York Tribune la salutò come la donna più interessante d’Europa. Ma non furono tutti onori; le idee della Montessori erano viste con profonda ostilità, non solo dal mondo accademico, quanto dal regime fascista, che esaltava l’obbedienza cieca ed assoluta e non poteva tollerare la lezione di libertà della studiosa, costretta a lasciare l’Italia nel 1934.
Vi tornerà soltanto nel 1947.
Il suo libro più importante Il metodo della pedagogia scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei bambini, dal 1950 porterà il significativo titolo La scoperta del bambino, perché il bambino: “con le sue esigenze e le sue doti è il padre dell'uomo, non un vuoto da riempire, ma una ricchezza da far crescere”.
Rossella Marchese
Da ragazza desiderava studiare Medicina e, nonostante le perplessità di parenti e professori, nel 1896 fu una delle prime italiane a laurearsi e successivamente ad esercitare la professione.
La sua intelligenza, unita ad un profondo senso pratico, la indirizzò verso una carriera brillante: prima assistente universitaria e poi docente di Antropologia, nel 1900 divenne direttrice di un istituto dove si formavano gli insegnanti per bambini “difficili”, all’epoca considerati affetti da un ritardo mentale. Cominciò così la sua esplorazione del mondo dell'infanzia, e si convinse che tutti i bambini nascono con del potenziale che può svilupparsi solo se stimolato nel modo giusto.
La dottoressa ebbe modo di dimostrare la sua tesi nel 1907, quando iniziò a dirigere un asilo per figli di famiglie operaie, nel quartiere di San Lorenzo a Roma; fu lì che sorse la prima “casa dei bambini” che servì da modello a tantissime altre “case” in tutto il mondo.
Per la Montessori, il metodo iniziava con l’osservazione: il maestro deve osservare gli allievi con la massima attenzione ed assecondare le sue inclinazioni, soprattutto indirizzarli all’autonomia. Per questo nella sua casa si insegna ai più grandicelli, di quattro, cinque anni, a dare una mano nelle attività quotidiane, come apparecchiare la tavola, servire i pasti, pulire le aule. Occorre, quindi, pensare ad un ambiente su misura per loro: piatti, posate, scope, rastrelli, adatti alla loro presa, e sedie e tavoli leggeri e facili da trasportare senza l’aiuto degli adulti. Tutto questo in un’epoca in cui i banchi venivano fissati al pavimento per inculcare agli studenti il senso della disciplina.
Maria Montessori non era di questo avviso: “non è detto che sia disciplinato un individuo reso artificialmente immobile e silenzioso; noi definiamo disciplinato un individuo che è padrone di sé e dunque può disporre di sé quando occorra seguire una regola di vita”.
Il metodo Montessori, nato come pratica ancor prima che come teoria, riscosse enorme successo in tutto il mondo e quando Maria arrivò negli States, nel 1913, il New York Tribune la salutò come la donna più interessante d’Europa. Ma non furono tutti onori; le idee della Montessori erano viste con profonda ostilità, non solo dal mondo accademico, quanto dal regime fascista, che esaltava l’obbedienza cieca ed assoluta e non poteva tollerare la lezione di libertà della studiosa, costretta a lasciare l’Italia nel 1934.
Vi tornerà soltanto nel 1947.
Il suo libro più importante Il metodo della pedagogia scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei bambini, dal 1950 porterà il significativo titolo La scoperta del bambino, perché il bambino: “con le sue esigenze e le sue doti è il padre dell'uomo, non un vuoto da riempire, ma una ricchezza da far crescere”.
Rossella Marchese