
È dire comune che dietro un grande uomo ci sia spesso una grande donna, ma dietro una grande donna chi c'è? Nel caso di Artemisia Gentileschi, pittrice, anzi “pittora”, come si diceva nel '600 ai suoi tempi, alle sue spalle non c'è proprio nessuno.
Con il famoso processo per lo stupro che la vide coinvolta quale vittima di Agostino Tassi, pittore anch'egli e amico del padre di Artemisia, Orazio Gentileschi, fu lei a subire l'ingiuria più grande: messa sotto tortura dal giudice che la condannò allo schiacciamento dei pollici per indurre il Tassi a dire la verità, dovette portare sulle proprie spalle non solo l'onta di essere imputata nel processo che doveva vederla vittima, ma anche la vergogna della fuga di Agostino Tassi che, condannato, scappò da Roma e rifiutò il matrimonio riparatore poiché già legato ad un'altra donna. Così, pure Artemisia, ormai irrimediabilmente vituperata, lasciò Roma ed iniziò ad errare prima a Firenze, poi a Venezia, a Londra e a Napoli, dotata solo del suo grande talento.
Una vita vissuta al di sopra delle sue possibilità, amò il lusso ed i piaceri terreni, tanto da indebitarsi molto nonostante le commesse importanti che ricevette sia a Firenze che a Genova e a Venezia, e quando arrivò a Napoli, nel 1630, suo marito l'aveva già lasciata ed aveva perso tre dei suoi quattro figli. Ma questo non le impedì di diventare la più fulgida tra gli artisti del suo tempo.
Per Artemisia Napoli fu la città della rivelazione, con tutto l'incredibile fermento culturale ed artistico di quella prima metà del XVII secolo; fu a Napoli, infatti, che la donna fece le giuste conoscenze che le permisero di arrivare prima all'imperatrice Maria d'Austria, per la quale lavorò assieme a Velàzquez e, successivamente, alla corte inglese di Carlo I che la volle ad ogni costo. Arrivarono anche le prime prestigiosissime committenze religiose, come il ciclo di dipinti per la cattedrale di Pozzuoli o la grande tela d'altare dell'Annunciazione, oggi conservata a Capodimonte; ma, soprattutto, a Napoli Artemisia fondò la propria bottega, che divenne il punto di riferimento del caravaggismo napoletano, lei che Caravaggio lo aveva conosciuto e visto all'opera di persona, a casa di suo padre, e da lui aveva imparato a dipingere il vero.
Artemisia Gentileschi è sempre stata considerata un personaggio molto particolare, già dai suoi contemporanei, incarnando un'idea di libertà e di indipendenza molto nuova nella storia dell'arte e di non sempre facile interpretazione. Pur essendo una figura controversa per le sue vicende personali, come artista fu impareggiabile. Laddove il Vasari considerava le donne pittrici brave solo nella ritrattistica, avendo una lunga consuetudine con lo specchio, Artemisia si distinse dalle sue contemporanee, Lavinia Fontana su tutte, poiché fu eccellentissima interprete della fortezza del corpo femminile; il pathos che figure quali Cleopatra, Susanna o Giuditta riescono ad esprimere è sempre stato la sua inconfondibile caratteristica: la tela e la vita che si fondono assieme senza riserve e senza limitazioni.
Rossella Marchese
Con il famoso processo per lo stupro che la vide coinvolta quale vittima di Agostino Tassi, pittore anch'egli e amico del padre di Artemisia, Orazio Gentileschi, fu lei a subire l'ingiuria più grande: messa sotto tortura dal giudice che la condannò allo schiacciamento dei pollici per indurre il Tassi a dire la verità, dovette portare sulle proprie spalle non solo l'onta di essere imputata nel processo che doveva vederla vittima, ma anche la vergogna della fuga di Agostino Tassi che, condannato, scappò da Roma e rifiutò il matrimonio riparatore poiché già legato ad un'altra donna. Così, pure Artemisia, ormai irrimediabilmente vituperata, lasciò Roma ed iniziò ad errare prima a Firenze, poi a Venezia, a Londra e a Napoli, dotata solo del suo grande talento.
Una vita vissuta al di sopra delle sue possibilità, amò il lusso ed i piaceri terreni, tanto da indebitarsi molto nonostante le commesse importanti che ricevette sia a Firenze che a Genova e a Venezia, e quando arrivò a Napoli, nel 1630, suo marito l'aveva già lasciata ed aveva perso tre dei suoi quattro figli. Ma questo non le impedì di diventare la più fulgida tra gli artisti del suo tempo.
Per Artemisia Napoli fu la città della rivelazione, con tutto l'incredibile fermento culturale ed artistico di quella prima metà del XVII secolo; fu a Napoli, infatti, che la donna fece le giuste conoscenze che le permisero di arrivare prima all'imperatrice Maria d'Austria, per la quale lavorò assieme a Velàzquez e, successivamente, alla corte inglese di Carlo I che la volle ad ogni costo. Arrivarono anche le prime prestigiosissime committenze religiose, come il ciclo di dipinti per la cattedrale di Pozzuoli o la grande tela d'altare dell'Annunciazione, oggi conservata a Capodimonte; ma, soprattutto, a Napoli Artemisia fondò la propria bottega, che divenne il punto di riferimento del caravaggismo napoletano, lei che Caravaggio lo aveva conosciuto e visto all'opera di persona, a casa di suo padre, e da lui aveva imparato a dipingere il vero.
Artemisia Gentileschi è sempre stata considerata un personaggio molto particolare, già dai suoi contemporanei, incarnando un'idea di libertà e di indipendenza molto nuova nella storia dell'arte e di non sempre facile interpretazione. Pur essendo una figura controversa per le sue vicende personali, come artista fu impareggiabile. Laddove il Vasari considerava le donne pittrici brave solo nella ritrattistica, avendo una lunga consuetudine con lo specchio, Artemisia si distinse dalle sue contemporanee, Lavinia Fontana su tutte, poiché fu eccellentissima interprete della fortezza del corpo femminile; il pathos che figure quali Cleopatra, Susanna o Giuditta riescono ad esprimere è sempre stato la sua inconfondibile caratteristica: la tela e la vita che si fondono assieme senza riserve e senza limitazioni.
Rossella Marchese