Un personaggio straordinario il signor Siviero, fiorentino d'adozione ma cittadino di mondo, che fu in vita una sorta di 007 dedito alla ricerca ed al recupero delle opere d'arte italiane, trafugate dai nazisti prima e durante la Seconda guerra Mondiale.
La sua vita avventurosa, venata di misteri e ambiguità, l'insofferenza alla burocrazia, le sferzanti critiche all'amministrazione pubblica e il carattere irto e tagliente non hanno certo alimentato nel tempo benevolenza nei suoi confronti. Spavaldo e insistente, già da ragazzo, il giovane Rodolfo tentò dapprima di sfondare come poeta. Poi, si convinse di essere tagliato per la carriera diplomatica e cercò per farsi assumere in Vaticano. Per raggiungere i suoi obiettivi, Siviero non ci pensò due volte ad iscriversi al Partito fascista, mettendosi efficacemente alle costole di gerarchi come Pavolini, Ciano e Bottai e ottenendo la pubblicazione dei suoi componimenti, nonchè un bell'incarico governativo, non in Vaticano, ma in Germania. Venne spedito a Erfurt nel 1937, formalmente come borsista di storia dell'arte, in realtà come spia; è quasi certo che il giovane italiano militasse nelle file del SIM (Servizio Informazioni Militari) con l'incarico di raccogliere indiscrezioni sulle intenzioni dei tedeschi riguardo la sorte dell'Austria.
Siviero rimase in Germania solo due anni, ma tanto gli bastò per aprire gli occhi, comprese che i tedeschi erano pericolosi, e in particolare li vide avventarsi come rapaci sui patrimoni d'arte privati sottratti ai primi ebrei perseguitati. Quando rientrò in Italia, si concentrò proprio su questo aspetto del carattere nazista e ne colse, tra i primi, la sua drammaticità. Hitler e Göering, infatti, collezionisti d'arte patologici, iniziarono ben presto l'assalto al patrimonio artistico italiano acquistando (con la tacita complicità del governo) opere d'arte vincolate, come il celebre Discobolo Lancellotti, ma dopo l'8 settembre 1943 uscirono allo scoperto, caricarono su lunghi convogli ferroviari le opere d'arte che ritenevano di dover preservare dalle insidie della guerra e le spedirono verso il Brennero.
Fu qui che l'azione di Rodolfo Siviero si fece fondamentale. Aderendo al SID, il funzionario-spia utilizzò questa sua posizione per fare il doppio gioco, agendo per contrastare il più possibile i furti da parte del famigerato reparto Kunstschutz (reparto dell'arte). Segretamente in contatto con gli Alleati e con la Resistenza partigiana, Siviero ottenne da essa persino uomini e fondi per svolgere attività di presidio delle chiese, dei musei, delle collezioni private italiane e per pedinare i convogli tedeschi.
Fu così che egli riuscì ad intercettare le SS che spedirono alcuni dei pezzi più importanti della collezione Farnese, conservata al Museo di Capodimente, a casa di Göering; la Madonna con Bambino di Raffaello in salotto e la Danae del Tiziano ad adornare il soffitto della camera da letto del gerarca.
Il delicato lavoro di Siviero per recuperare le opere trafugate ai musei napoletani (e non solo), durò diversi anni, mettendolo costantemente in pericolo di vita: seguiva i convogli tedeschi e avvisava tempestivamente gli Alleati in modo che non bombardassero quei convogli stipati di opere d'arte italiane. E alla fine, nel 1947, riuscì ad ottenere la restituzione dei capolavori della collezione Farnese, e presentò il bilancio del suo personalissimo lavoro di “doppiogiochista”: 3000 opere d'arte recuperate e una impressionante mole di scritti che documentavano le razzie fin nel dettaglio e che furono la guida per le restituzioni che si susseguirono per tutti gli anni Cinquanta e Sessanta.
Rossella Marchese