Per capire quanto è duraturo il rapporto che lega l'Isola di Procida al grande schermo dobbiamo andare indietro nel tempo, più indietro del 1994, anno di uscita de Il Postino di Michael Radford, ultima magistrale interpretazione di Massimo Troisi; più indietro del 1971, anno del film di Nanni Loy Detenuto in attesa di giudizio, tra le poche interpretazioni drammatiche del grande Alberto Sordi, e magari fare tappa al 1981, alla sceneggiata napoletana Carcerato, con un indimenticato Mario Merola. Nel mezzo, L'Isola di Arturo di Damiano Damiani, film del 1962 tratto dall'omonimo romanzo di Elsa Morante; Il Talento di Mr Ripley, film del 1999 di Anthony Minghella; Fuoco su di me, film del 2006 di Lamberto Lambertini, riconosciuto d'interesse culturale nazionale dalla Direzione generale per il cinema del Ministero dei Beni Culturali, e con uno splendido Omar Sharif. In ognuna delle pellicole citate l'Isola diventa protagonista per i suoi luoghi suggestivi e per i suoi itinerari “da cinema”, come la via segreta della Processione del Venerdì Santo, organizzata dai “Ragazzi dei Misteri”, artigiani che si preparano tutto l'anno per inscenare la vita, la morte e la resurrezione di Gesù Cristo durante la Settimana Santa, o come l'ex penitenziario di Palazzo d'Avalos a Terra Murata, dalle cui celle si vede il mare, struggente nella sua drammatica poesia, o ancora le spettacolari barche attraccate nel porticciolo di Marina di Procida, addobbate per la gara insulare della popolarissima Festa di Sant'Anna che si svolge nelle acque tra Procida e la vicina Ischia. Con questi presupposti Procida si candida di diritto a scenario cinematografico d'eccezione ed il Film Festival che si tiene sull'isola dal 2013, ogni estate, sta proprio a suggellare questo legame speciale tra quei luoghi e la cinepresa. Una lunga gestazione fatta d'amore e passione per il cinema e per l'isola, questo è il Procida Film Festival voluto e fondato da Fabrizio Borgogna, rassegna di cortometraggi provenienti da ogni angolo della terra che premia il genio e la sperimentazione di ambiziosi e semisconosciuti cineasti; per questo 2016, con il tema “I Cinque Sensi” e con una giuria di pregio, dal 7 all'11 giugno Procida si trasformerà in una grande sala di proiezione, sotto un cielo di stelle e sopra un mare di film. Per maggiori informazioni: www.procidafilmfestival.it Rossella Marchese Grandi applausi alla compagnia teatrale dell'Associazione Culturale Amistad-Amici per la Vita, che ogni primavera calca un differente palcoscenico della città, portando un pezzo del ricchissimo repertorio comico partenopeo; per il 2016 la scelta del regista, Antimo Verde, è caduta su Donna Chiarina Pronto Soccorso, dal testo originale di Gaetano di Maio, rimaneggiato bene dallo stesso regista che non si è risparmiato a dare vita a nuovi personaggi, rendendo l'intreccio sulla scena ancora più esilarante. La casa in affitto in cui abita Donna Chiarina, assieme al marito ed alla nipote, è il punto di riferimento per tutta la gente “per bene” del quartiere che usa farsi curare e consigliare da lei, magari dopo una rapina, una rissa, una sparatoria o dopo una “nottata di fatiche” su e giù per il marciapiede. Ma quella casa nasconde anche un segreto che farà piovere sulle teste dei protagonisti accadimenti del tutto inaspettati, in un crescendo di pathos e comicità. Una bella commedia degli equivoci, nel solco della tradizione classica della farsa napoletana, pur essendo stata calata in un contesto del tutto contemporaneo e dove non si risparmiano risate e un finale lieto, stravolto dal regista. Il sipario del Teatro Tasso si è alzato sulla compagnia Amistad sabato 2 e domenica 3 aprile, per due serate sold out. Per “Donna Chiarina”, che fu il cavallo di battaglia di Luisa Conte al teatro Sannazzaro di Napoli, l'interpretazione è stata di Raffaella Brasiello, veterana della compagnia Amistad e brillante nella riuscita di un personaggio tanto forte ed energico; accanto alla Primadonna, tra i protagonisti bravissimi Dario De Matola, nei panni di “Don Peppino” il pavido ed inetto marito di Chiarina, Mario Meles, ad interpretare “Fransuà” il malavitoso francese “naturalizzato” napoletano, Antonio Giammetta, che ha rivestito il ruolo di “Don Giovanni”, il boss del quartiere con i repentini cambi d'umore e personalità, inventato di sana pianta dal regista e apprezzatissimo dal pubblico in sala, Giovanni Moccia, nei panni di “Don Michele”, lo sfortunato ed esasperato padrone di casa e, Giovanni Bilancio, esilarante nella parte dell'anziano “Commendatore Lo Caccio”. Ancora, brave le interpreti femminili Viviana Chiatto, Maria Cristina Pezzella e Lia Fatim, debuttanti sul palco del Tasso ma più che convincenti e spiritose; elogi anche per i più giovani della compagnia Francesco Effuso e Giuseppe Iavarone, nonché per il piccolo Pasquale Arcella che a soli otto anni è rimasto folgorato dalla magia del palcoscenico. Insomma, un gruppo ben assortito che cresce in consensi e in nuovi elementi ogni anno che passa, diretto dall'esperienza venticinquennale del regista Antimo Verde, appassionato conoscitore del teatro e non solo di quello farsesco partenopeo. L'appuntamento è dunque rinnovato al prossimo anno, con la curiosità in merito alla prossima scelta del testo e i complimenti a tutti per il bel lavoro mostrato. Rossella Marchese Un saluto e una promessa, e soprattutto, una sorpresa, per i fan partenopei: i Pooh salgono sul palco di piazza Dante, nel bel mezzo de “La Città del sorriso”, manifestazione musicale promossa dal Gruppo Sisal per lanciare la nuova formula del SuperEnalotto. La band, stupisce tutti, imbracciando la chitarra e cantando “Uomini soli”. Così riunito, in formazione completa, il gruppo non si vedeva da anni. Un’ovazione del pubblico accoglie Roby Facchinetti, Red Canzian, Dodi Battaglia, Stefano D’Orazio e Riccardo Fogli. I cinque, pur se separati, celebrano i loro cinquant'anni di intensa attività artistica e hanno scelto Napoli per un assaggio di “Reunion”, il tour che li vedrà impegnati, per l'ultima volta, in concerti lungo tutta l'Italia. “Siamo più che felici di essere qui”, dicono i Pooh al pubblico e annunciano: “Abbiamo appena saputo che i nostri live includeranno un concerto anche qui in Campania, subito dopo l'estate. Ci rivedremo presto”. Lo show, condotto dai comici Gigi e Ross di Made in sud viene aperto dal quartetto d'archi “Archimia”. Segue la performance di Gigi Finizio e il set della dj Anfisa. E anora dichiarano: “Abbiamo iniziato a suonare qui, negli anni Sessanta. Napoli ci ha visto nascere artisticamente: questa onorificenza è un altro segno della sua grande generosità”. E’ visibilmente emozionato, Roby Facchinetti, mentre mostra ai flash della Sala Giunta a Palazzo San Giacomo la targa d’onorificenza appena consegnatagli dal sindaco Luigi de Magistris. Roby non è solo, con lui ci sono i partner musicali di una vita intera: Red Canzian, Dodi Battaglia, Stefano D’Orazio e Riccardo Fogli. Praticamente i Pooh al completo, riuniti dopo il loro scioglimento, per festeggiare i cinquant'anni di carriera musicale. “Napoli ringrazia questi grandissimi artisti, dice de Magistris, per i loro grandi successi. La città prosegue nel suo grande rilancio che, come sempre, passa per la cultura, vi auguriamo altri 50 anni di storia a partire da oggi. Per noi la vostra scelta è un fatto importante, è motivo di grande orgoglio perché vogliamo che il riscatto della nostra città passi per la cultura e la musica è un importante tassello”. “Non si poteva scegliere che Napoli per questo evento, dichiara Dodi, questa città è come un teatro, mi ripeteva oggi un tassista, ed è vero: ogni giorno succede qualcosa di diverso e straordinario. Per questo amiamo questi luoghi e chi ci vive, fin da quando suonavamo al Piper”. Sul palco, anche l’artista hip hop Peppe Oh e il duo “Fede 'N' Marlen” e i “Riva”. Alla presentazione dell’evento ha partecipato anche Emilio Petrone, amministratore delegato del Gruppo Sisal che ha annunciato le novità del SuperEnalotto: il Jackpot ancora più ricco e che cresce più velocemente, la vincita anche con il 2 e vincite immediate, già all’atto della giocata. Un annuncio dato non per caso nella città da sempre votata al gioco e alla sorte, nella regione che ha avuto negli anni ben 19 jackpot, il maggiore in Italia. Nicola Massaro Grande successo di pubblico, per l’evento svoltosi il 18 dicembre scorso all’Auditorium Immacolata a Napoli. Marco Abete e Giulio Sithron Canosa, a cui era affidata la direzione artistica, hanno presentato: “L’Anima e le percezioni”, uno spettacolo incentrato sul tema della vita in tutte le sue sfumature, in memoria di Alessandro Selvaggio. Il giovane cantante Marco Abete ci ha così descritto il giovane artista scomparso: “un caro amico, conosciuto al Procida Film Festival, che fin da subito ho voluto che fosse un mio amico, dalla spiccata emotività e dal grande talento nella scrittura, in grado di catturare la sensibilità di ognuno di noi”. A dimostrazioni di tali parole durante il brano “Hallelujah” (cover di Leonard Cohen), è stata recitata la poesia “Emozioni di un preludio” raggiungendo così l’apice della commozione e dell’emozione. La serata non era però solo un ricordo ad una vita spezzata troppo presto, ma un preludio alla vita, raccontando e descrivendo il percorso dell’anima, e come quest’ultima acquisisca attraverso la tappa fondamentale della morte la consapevolezza dell’eternità. I pezzi eseguiti hanno così celebrato la vita, toccando l’amore, la gioia di vivere, passando da Bjork a Battiato. Non solo cover ma anche brani inediti interpretati con grande maestria dal giovane Abete,“Resolute Reaction” disponibile già sulla piattaforma di You Tube, “In The Middle” cantata nella serata con Maria Laura Stanzione, altrimenti il feat è con Anita Racca componente del gruppo Yavanna che ha raggiunto la popolarità con X Factor, e ancora “Enjoy the Change”. La kermesse si è caratterizzata per la grande abilità nel fondere le sonorità del violino e del violoncello insieme alle basi elettroniche e agli arrangiamenti acustici del pianoforte per un’atmosfera suggestiva e affascinante. Molti gli artisti presenti da Rossella Benassai al violoncello, Marco Sica al sax soprano, Francesco Sarnelli alla chitarra Maria Laura Stanzione e Valeria Provviser per i duetti “In The Middle” e “Stardust”, la serata è scivolata in maniera fluida e leggera. Ma chi è Marco Abete? Un giovane artista poliedrico, che nasce a Napoli, amante della fotografia, ma è anche un’ artista multimediale, scrittore, musicista, che muove i suoi primi passi nel 2010 prestando voce e testi a diversi progetti musicali. Si dedica poi alla musica elettronica e alla composizione di colonne sonore per corti d’autore. Molti i riconoscimenti: Premio della Critica di Emozionart 2013 con Michela Buonaiuto per il Miglior Inedito; Miglior Inedito nella manifestazione DiversArt 2014 indetto dalla Consulta provinciale degli studenti di Napoli; Miglior Videoclip musicale fuori concorso al Procida Film Festival 2015 per Resolute Reaction. In uscita prossimamente il suo primo album “Enjoy theChange”, i fan sono avvisati. Nicola Massaro “Thriller”, l'album di Michael Jackson che ha venduto oltre cento milioni di copie nel mondo, è stato riconosciuto come l'album più venduto di sempre dalla Recording Industry Association of America, l'associazione che certifica le vendite degli album e attribuisce i riconoscimenti. Secondo la Riaa si tratta del primo album ad essere certificato con trenta dischi di platino, un record che difficilmente sarà migliorabile e ripetibile. Prodotto nel 1982 in collaborazione con Quincy Jones, tra i riconoscimenti ottenuti ci sono otto Grammy e trentasette settimane al primo posto della classifica Billboard dei 200 dischi più venduti. Il videoclip di “Thriller” è stato il primo video musicale ad avere una trama e una coreografia. La Epic, la casa discografica che ha prodotto Thriller, e le persone più vicine a Michael Jackson hanno commentato la notizia ricordando Michael Jackson: “Il più grande di tutti e la sua musica è di un altro mondo. Dopo oltre trent'anni, Thriller continua ad essere una rivelazione”. Nel 2009 il video è stato scelto per essere conservato nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. Ha vinto tre “MTV Awards”, agli “MTV Video Music Awards” nel 1984, la prima edizione dei noti premi, come “Best Overall Performance in a Video”, “Best Choreography in a Video” e “Viewer's Choice”. Sempre dagli spettatori di MTV è stato votato nel 1999 alla numero uno dei “100 Greatest Music Videos of all Time”, i 100 migliori video musicali di tutti i tempi. A testimonianza del continuo interesse che si muove intorno al re del pop, segno della sua immortalità, il prossimo 26 febbraio uscirà una riedizione di “Off the wall”, il quinto album registrato in studio dall'artista, congiuntamente al documentario inedito di Spike Lee dal titolo “Michael Jackson's Journey from Motown to Off the Wall”. L'opera del cineasta nato ad Atlanta verrà presentata in anteprima il prossimo 24 gennaio al Sundance Film Festival, per poi essere trasmessa sulla rete a pagamento Showtime a partire dal prossimo 5 febbraio. Il lungometraggio, realizzato con materiale estratto dall'archivio privato dell'artista, seguirà il percorso seguito dalla star dalle prime esperienze coi Jackson 5 per la leggendaria etichetta di Detroit ai successi ottenuti durante le prime fasi della carriera solista, oltre ad interviste inedite ai familiari del cantante. Contributi originali alla pellicola sono stati forniti anche da artisti contemporanei come Pharrell Williams, John Legend, Questlove, Mark Ronson e The Weeknd, oltre che dal discografico L.A. Reid. Nicola Massaro Grey's Anatomy e The Bing Bang Theory si confermano le serie preferite. Fra le new entry spuntano Priyanka Chopra e Melissa Benoist. Johnny Depp fa ancora perdere la testa e Melissa McCarthy è la più simpatica. Ecco i premiati dal pubblico americano. I fan lo hanno messo in chiaro fin da subito. Ancora una volta “Grey's Anatomy” non si tocca. Il medicaldrama di Shonda Rhimes ha vinto nuovamente il People's Choice Award come serie Tv drammatica preferita, premiando anche la protagonista Ellen Pompeo, nonostante le sue undici stagioni e l'uscita di scena dell’attore Patrick Dempsey. Un altro “evergreen” che ha bissato la vittoria del 2015 è “The Big Bang Theory”, che ha portato a casa le statuette per commedia, show e attore comico per Jim Parsons. Sono stati consegnati mercoledì 6 gennaio i riconoscimenti assegnati dal pubblico americano, che vota i propri pupilli del cinema, della Tv e della musica. Alla guida della 42esima edizione, che si è tenuta al Microsoft Theatre di Los Angeles, c'era l'attrice comica Jane Lynch, che ha colto l'occasione per promuovere la sua nuova serie, “Angel From Hell”, in onda sul canale della Cbs dal 7 gennaio. L'ex Sue Sylvester di “Glee”, altro telefilm cult, ha aperto la cerimonia con un numero musicale dedicato ai candidati della serata, sulle note di “Shut Up and Dance” dei Walk The Moon. I People's Choice Awards hanno confermato la venerazione dei fan per alcuni soliti noti come Johnny Depp, che ha trionfato come attore preferito in un film drammatico e mandato in delirio la platea appena è salito sul palco. La serata di mercoledì è stata anche l’occasione per le new entry e la diversità etnica. Dall’indiana Priyanka Chopra di “Quanticoe”, al latino John Stamos di “Grandfathered”, rispettivamente attrice e attore preferiti in una nuova serie Tv, fino al 17enne Shawn Mendes, artista emergente preferito. Fra gli altri premiati Sandra Bullock, attrice preferita in un film, che ha riportato il discorso di ringraziamento che le ha “suggerito” il figlio, Ellen Degeneres, che ha ricevuto un riconoscimento per il suo impegno umanitario, e Dakota Johnson, attrice preferita in un film drammatico. Si è commosso Vin Diesel, quando ha ritirato le statuette vinte per “Furious 7”, film preferito e film d'azione preferito, ricordando l'amico-attore Paul Walker tragicamente scomparso nel 2013. Mentre Taylor Kinney, attore preferito in una serie Tv drammatica, ha voluto ringraziare la sua fidanzata, la cantante Lady Gaga e portare ai fan un suo messaggio: “Avrebbe voluto esserci e mi ha chiesto di salutarvi”. Nicola Massaro Da pochi giorni aveva compiuto 69 anni, nello stesso giorno era uscito Blackstar, il suo ultimo lavoro, che rimarrà il suo testamento. Due settimane fa aveva annunciato il ritiro "definitivo e irrevocabile" dai palcoscenici che non calcava dal 2006. L’11 gennaio è morto a New York David Bowie, l'annuncio sul suo account ufficiale Twitter e Facebook: "Dopo 18 mesi di lotta contro il cancro se ne è andato serenamente, circondato dalla sua famiglia". La dichiarazione del figlio, con un messaggio seguito da una sua foto da bambino insieme al padre. "Davvero addolorato e triste nel dire che è vero. Sarò fuori dalle reti sociali per un po'. Grande affetto a tutti". Una notizia inaspettata e inattesa, che ha colto tutti di sorpresa e gettato nello sconforto i milioni di fan. Se ne va uno degli artisti più celebrati e di maggiore successo della storia della musica David Robert Jones, questo il vero nome, nato a Brixton, Londra, l'8 gennaio del 1947. Il suo primo singolo, “Can't help thinking about me”, viene pubblicato il 14 gennaio del '66 a nome di David Bowie e The Lower Third. Nel 1967 l'incontro cruciale e basilare per la sua carriera, quello con Lindsay Kemp da cui apprende i segreti della teatralità, della mimica, dell'uso del corpo, elementi fondamentali e necessari della sua personalità artistica che si affermerà attraverso le sue tante "personalità". Il primo tour ufficiale è lo "Ziggy Stardust Tour", iniziato il 10 febbraio 1972 al Toby Jug di Tolworth, 103 date in 60 città, l'opportunità per promuovere l'album “The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars”, disco venerato e adorato che rivela la storia del primo dei suoi alter ego scenici, Ziggy Stardust, un extraterrestre bisessuale e androgino trasformato in rockstar, fra teatro kabuki e fantascienza, che fa del cantante un portavoce della libertà sessuale. Ma è solo uno dei tanti alter ego di Bowie, da Aladdin Sane al Duca Bianco, una continua reinvenzione di se stesso che gli ha permesso di mostrare varie sfaccettature della sua arte nel corso della sua prolifica carriera. Nel 1973, con uno straordinario concerto all'Hammersmith Odeon di Londra, insieme agli Spiders from Mars, Bowie annuncia la fine di Ziggy Stardust. All'inizio degli anni Ottante è un mito. Uno dei pochi artisti in grado di combinare rock e teatro, pop e avanguardia, ambiguità sessuale e arti visive, trasgressione e letteratura. Conta su solidi legami che vanno dal rock'n'roll stardom a Warhol e William Burroughs. Non mancano le incursioni nel cinema, infatti a seguito di piccole apparizioni, il grande successo arriva nel 1976 come protagonista di “L'uomo che cadde sulla Terra” di Nicolas Roeg. Tra le sue interpretazioni si ricordano anche quella in “Furyo” di Nagisa Oshima del 1983, “Absolute Beginners” e “Labyrinth” del 1986 fino a “Basquiat” di Julian Schnabel del 1996, nel quale ha interpretato il ruolo di Andy Warhol. Dal 1997 viene quotato in Borsa, grazie all'emissione dei Bowie Bonds effettuata offrendo a garanzia le royalties ricevute per i dischi venduti fino al 1993 si contano circa un milione di copie l'anno. Nel 2007 ha ricevuto il Grammy alla carriera, nel 2008 era stato inserito al 23º posto nella lista dei 100 migliori cantanti secondo Rolling Stone. Nicola Massaro In scena al Teatro Mercadante La Signorina Giulia di Strindberg secondo Cristián Plana. Quando venne rappresentata per la prima volta, all'unione studentesca di Copenaghen il 14 marzo 1889, La Signorina Giulia non ebbe un gran successo; in patria, invece, Strindberg non riuscì ad ottenere in alcun modo il lasciapassare per portare la sua opera davanti al pubblico, “troppo difficile, troppo rischiosa e troppo naturalistica” l'aveva definita il suo editore di Stoccolma Bonnier, peraltro senza sbagliare. La Signorina Giulia, scritta tra la fine di luglio e l'inizio di agosto del 1888 fu effettivamente la prima tragedia naturalistica della letteratura drammatica svedese e non solo per questo fece scandalo. La tragedia, in unico atto, si consuma tutta durante la notte di San Giovanni, la magica notte di mezz'estate occasione rituale di scatenamenti orgiastici, che spinge i protagonisti a sperimentare il superamento della barriera del sesso uomo-donna, maschile e femminile, ma anche quello della contrapposizione di classe, lo sconvolgimento dei ruoli, la sperimentazione del diverso. E durante questa notte in cui tutto può accadere, succede che Giulia, ricca aristocratica figlia di conte, decide di partecipare alla festa organizzata per l'occasione dalla servitù, e succede anche che il servo Giovanni viola nella maniera più becera e sguaiata la figlia del suo padrone, con il benestare di lei. Tutte le barriere di classe e di casta si sgretolarono in un unico istante e in un'epoca in cui ancora i pruriti della nostra contemporaneità non erano la norma, gli scandali sessuali non erano all’ordine del giorno e le violenze psicologiche e fisiche non erano pubbliche, né l’erotismo era esposizione; allora la prevaricazione di un maschio di condizione sociale inferiore nei confronti di una giovane apparentemente lontana e inviolabile, appariva come un evento di enormità dirompente, ecco perché La Signorina Giulia divenne una indecenza totale. Oggi, la “messinscena verticale” del regista cileno Cristián Plana offre una lettura de La Signorina Giulia completamente eradicata dal contesto sociale in cui la concepì l'autore, ma non per questo si mostra meno dirompente ed inquietante rispetto all'originale. Dagli allestimenti ai personaggi tutto appare esasperato e corroso; gli attori, costretti in uno spazio angusto senza finestre e senza vie d'uscita se non una pesante porta in ferro, si muovono in un ambiente che ricorda il ventre di una nave dismessa, pronta ad esplodere da un momento all'altro, così che il senso tragico di tutta la vicenda si carica di una disperazione e di un senso di alienazione quasi soffocante e che culmina in una morte in scena inevitabile. Al pubblico non viene risparmiato nulla, la morte, le urla, la volgarità: Giulia (Giovanna di Rauso), Giovanni (Massimiliano Gallo) e Cristina (Autilia Ranieri), cuoca e fidanzata di Giovanni, si odiano e non si capiscono e questa frustrazione, amplificata dagli allestimenti da squallido film dell'orrore, si riversa per intero sugli spettatori probabilmente abbastanza frastornati e confusi, con ancora negli occhi la rassicurante porta vetrata della cucina da cui si intravede il giardino della villa, con la fontana e i cespugli di lillà in fiore, l'ambientazione originale di Strindberg. Se al suo pubblico il drammaturgo svedese volle lasciare l'illusione in quella bellezza esterna irraggiungibile, a noi non è concesso neppure quello; non c'è scampo nel mondo allucinato de La Signorina Giulia di Cristián Plana. Rossella Marchese Dopo la morte del grande Re Agamennone le cupe nubi della vendetta continuano ad addensarsi sulla casa di Atreo e tutta Argo piange il suo sovrano caduto senza onore. Così, con un senso opprimente di angoscia e vergogna riprende il racconto di Luca de Fusco e il palcoscenico si riapre sulla tomba di Agamennone con Oreste (Giacinto Palmarini) ed Elettra (Federica Sandrini), figli del re, che si ritrovano e si riconoscono decisi a vendicarsi di quella morte ingloriosa avvenuta per mano di una donna, della loro madre Clitemnestra (Elisabetta Pozzi), che ha preso il trono assieme all'amante Egisto (Paolo Serra). Teatro e video si intrecciano ancora e il lamento funebre delle Coefore, che danzano e cantano come in un rituale ancestrale, rappresenta uno tra i momenti di pathos più alti dell'intera tragedia: Agamennone riappare, invocato in un led, a benedire il bagno di sangue che di lì a poco si consumerà. Ed accade di nuovo, le Erinni che volteggiano sulla casa degli Atridi assistono alla vendetta di Oreste su Egisto e su sua madre e da quella ennesima morte violenta traggono la forza necessaria per scagliarsi contro il matricida. Il sangue di Clitemnestra aizza gli spiriti vendicatori, le “decrepite bambine” figlie di una società arcaica, che perseguiteranno Oreste tormentandolo fino alla fine del mondo, fino a che Apollo (Claudio di Palma) gli consiglierà di chiedere aiuto ad Atena (Gaia Aprea). Proprio ai piedi del tempio dedicato alla dea, nella città di Atene, ad Oreste verrà data la possibilità di riscattarsi dalla colpa che lo perseguita; l'Aeropago, istituito da Atena, il primo tribunale della storia e la prima istituzione per il diritto alla difesa. Le colpe di Oreste verranno lavate via con il confronto e le accuse sostituite dal contraddittorio, finché tutti i cittadini saranno resi partecipi con il voto democratico alle sorti del processo. In questo nuovo mondo, dunque, la vendetta si trasforma in giustizia e le spregevoli Erinni, rabbonite dalle sagge parole di Atena, diventano Eumenidi, venerate come “Benevole”. Il finale di questa Orestea è epico e corale, il canto innalzato dagli attori esorcizza la violenza di una società senza leggi e senza diritti: il messaggio di Eschilo è talmente attuale da scioccare lo spettatore ed il regista traspone tutta la sua forza sul piano della contemporaneità. Le parole di Eschilo mescolate e mediate con le scelte poetiche del regista hanno creato una magia potente, la nera terra del palcoscenico ne è un esempio, in essa si nascondono frammenti di presente: giornali, specchi, scarpe, fotografie, pezzi di statue, un televisore e gli stessi personaggi che spuntano dalla terra, strisciano su di essa e da essa vengono inghiottiti. Le parole del regista confermano questo rapporto speciale tra spazio e tempo: “ogni messa in scena non può non portare i segni del suo tempo. Questo non comporta attualizzazioni da telegiornale, ma certo le immagini delle statue distrutte e il pensiero di un terribile focolaio di Erinni di fronte alle nostre coste non può non essere entrato nello spettacolo. Nel nostro piccolo abbiamo realizzato la quadratura del cerchio della ragionevolezza e della composizione dei conflitti di cui Atena si fa portatrice”. La tournèe di questo primo frutto del Teatro Nazionale di Napoli continuerà a Catania, Roma, Genova e Firenze per tutto l'inverno del 2016. Buona visione e buon inizio anno. Rossella Marchese |